lunedì 24 febbraio 2014

Progettazione rigenerativa _ DIANA BALMORI

Lo studio Balmori Associates è stato fondato dall'architetto paesaggista Diana Balmori, che ha successivamente creato anche il laboratorio di ricerca BalmoriLABS. 
Docente alla Yale University nella School of Architecture e School of Foresty and Environmental Studies, è stata riconosciuta tra i 50 "Visionaries Who Are Changing Your World" e citata in molte pubblicazioni. 
Nel 2010 ha pubblicato il suo Manifesto del paesaggio e prodotto diversi testi in cui presenta la sua idea di interazione creativa tra paesaggio e architettura. 
Affronta il tema del paesaggio relazionato al disegno di parchi e spazi pubblici ma particolarmente interessanti risultano i suoi progetti a scala urbana, in cui emerge più chiaramente l'adesione con quelle che sono le problematiche legate ad ogni contesto preso in analisi. 
Fondamentale nel suo processo progettuale risulta il rapporto tra natura e struttura con cui si confronta attraverso infrastrutture verdi e la creazione di processi di sostenibilità, a cui associa il concetto di rigenazione. Uno dei suoi obiettivi è aumentare la resilienza dei sistemi ecologici e cerca di raggiungerlo con una progettazione rigenerativa che possa al contempo trasformare e riqualificare i tessuti in cui interviene ed innescare processi di rigenerazione delle risorse stesse.

Mobisle _ Manhattan, New York _ 2006
Il progetto nasce per affrontare il problema del futuro innalzamento del fiume Hudson e il prevedibile arretramento della sponda fluviale. Si prevede la collocazione lungo il fiume di isolotti artificiali, composti da elementi prefabbricati, che possano ospitare varie attività compensando la perdita di suolo ed assecondando la variazione graduale del livello delle acque. 

Quello che nelle condizioni di partenza risulta essere l'elemento critico, secondo l'elaborazione progettuale proposta diventa invece un utile strumento per il funzionamento del nuovo territorio artificiale. L'acqua viene infatti usata per azionare delle turbine meccaniche utili alla movimentazione degli isolotti o per alimentare energeticamente le attività collocate su di essi. 


Il progetto risulta particolarmente interessante per la creazione di un nuovo paesaggio, basato su piccole attività e spazi pubblici variabili ed adattabili ai futuri cambiamenti del territorio e del contesto sociale. Parti del nuovo settore urbano sono collegate alla terra ferma attraverso dei prolungamenti dei percorsi e delle aree collettive. Anche in questo caso risulta evidente il processo di progettazione rigenerativa teorizzato dall' architetto Balmori ed interessante è la trasformazione di un elemento critico in parte fondante e risorsa fondamentale per il progetto e per il processo che esso innesca. 

Occupy the dune _ New York _ 2013
Il progetto, esposto a Rockaway Beach tra le 25 migliori proposte per il concorso MoMA PS1 Rockaway Call for Ideas, affronta il tema critico del paesaggio costiero e la sua esposizione ai movimenti del mare ed alle tempeste violente, criticità emersa con ancora più evidenza in seguito all'uragano Katrina. 
La proposta è quella di centro multifunzionale composto da moduli prefabbricati e componibili in calcestruzzo che, disposti lungo due linee tra il mare e il tessuto costruito, creano una barriera ed una protezione ma al contempo si mimetizzano  nel paesaggio come fossero delle dune. Al fine di non ostacolare il rapporto tra gli abitanti dell'area e la zona costriera i moduli sono disposti in modo sfalzato mantenendo quindi una permeabilità dei fronti. Lo spazio lineare tra le due fasce e quello sopra le dune artificiali viene pensato come un parco articolato attraverso spazi pubblici e luoghi all'aperto delle attività contenute nei moduli. 


Interessante è anche la flessibilità funzionale prevista per gli ambienti che, se in situazioni normali contengono attività ricreative, in momenti di emergenza possono essere utilizzati come riparo e alloggio per sfollati, vista la loro conformazione e collocazione alla base delle dune. 
                            

Un altro progetto che studia in modo interessante il concetto di limite tra contesto naturale e tessuto urbanizzato e che trova soluzioni valide per la sua permeabilità è il Qunli National Urban Wetland del gruppo Turenscape.

New York Police Academy _ New York _ in corso
Il progetto paesaggitico a completamento dell'edificio di Perkins+Will per l'Accademia di Polizia di New York si compone di tre elementi fondamentali: un cortile centrale, un fosso di drenaggio ed un paesaggio perimetrale. Tutti gli elementi sono interessanti perchè sviluppano il concetto di progettazione rigenerativa secondo tre diverse declinazioni. 
La socialità è l'elemento che reinventa la corte a seconda degli eventi che essa ospita e ne fa un centro sempre attivo per l'intero complesso. 
Il tema della rigenerazione in senso ecologico viene invece affrontato nella progettazione del fosso di drenaggio dove le acque di scolo del complesso confluiscono e vengono purificate, attraverso processi naturali di spostamento, areazione e filtraggio, al fine di alimentare lo sviluppo di un paesaggio semi-umido. La parte viene poi trattata attraverso l'inserimento di elementi architettonici che creano ambiti più intimi all'interno del parco lineare. 

 

Altro elemento interessante del progetto è il paesaggio perimetrale che investe la zona del parcheggio. Nel progetto dello studio Perkins+Will si prevede la sistemazione delle aree di parcheggio attraverso un processo graduale per fasi. Lo studio Balmor Associates interviene attraverso l'inserimento di prato e piante collocate indipendente dalla fasi di completamento del contesto, così da ricreare da subito un paesaggio compiuto e dare unità all'intero sistema paesistico progettato. Il graduale inserimento delle aree a parcheggio contribuirà a variare gradualmente il paesaggio "provvisorio" già previsto. 


Anche nel progetto per gli spazi esterni della Fabbrica Thomson dello studio Desvigne & Dalnoky viene trattato, in modo altrettanto interessante, il tema del paesaggio provvisorio. Nel progetto dello studio francese viene inoltre introdotto il concetto della temporalità prevedendo un paesaggio alternativo e più fortemente naturalizzato in caso di dismissione della fabbrica. 

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